« TESTA SOTTO E AVANTI ! » ordina per radio il Col. Pasquale Prestisimone, comandante del 9° Btg Carri dell’ «Ariete» ai suoi comandanti di compagnia. E’ il segnale per l’attacco, i carri imballano i motori e si lanciano in avanti. Di fronte gli italiani hanno il caposaldo di Bir Hacheim: un campo trincerato protetto da campi di mine, presidiato dalla 1ª
Demi Brigade delle
Forces Françaises Libres.
Siamo nel deserto libico, sono ca le 8 del mattino del 26 maggio del 1942, la battaglia di Ein El Gazala è iniziata, il generale Erwin Rommel con un movimento aggirante intende attaccare i britannici da sud e raggiungere il mare tra Gazala e Tobruk.
L’ « Ariete » investe il lato sud-est di Bir Hacheim, settore affidato al 2° Btg della 13ª DBLE
(Démi Brigade Légion Etrangère, Cte T.Col Dimitri Amilakvari).
Il Cap. Pierre Messmer(Cte 3° Btg L.E.) è esterrefatto : i carri avanzano come in parata in due gruppi di quattro colonne, senza alcuna preparazione di artiglieria e senza curarsi di eventuali campi di mine! Per qualche minuto si ha il dubbio che sia la 7a blindata britannica in avvicinamento, ma un primo carro salta su di una mina e – come ad un segnale – gli ottanta carri dell’ « Ariete » aprono il fuoco con le armi di bordo. Immediatamente i Fucilieri di Marina, addetti ai pezzi anti carro, rispondono con un violento e preciso fuoco di interdizione. I primi carri sono colpiti o saltano, a volte prendono fuoco immediatamente, attraverso il fumo nerastro altri carri avanzano sparando, mentre i pezzi anti carro replicano senza interruzione.
Prestisimone che è in testa, ha per due volte il carro immobilizzato dai tiri o dalle mine ma si fa prendere a bordo dal carro che segue e continua a condurre la carica.
Cinque carri ce la fanno a penetrare dentro le fortificazioni e scorazzano pericolosamente nella zona della 5ª Compagnia della L.E. : uno a soli 15 metri ha il cannone puntato verso la trincea del suo Com.te, Ten. Morel, che preferisce bruciare il gagliardetto della compagnia e le sue carte, per timore che cadano in mano nemica.
Ma ora i legionari si lanciano all’assalto con pistole, bottiglie molotov e bombe a mano, i carristi superstiti si arrendono. Lo scontro è finito : 32 carri distrutti o immobilizzati, molti i carristi caduti. I carri superstiti – certo a seguito di un ordine – fanno dietro front, assieme agli autocarri dei bersaglieri al seguito, il cui intervento è evidentemente inutile.
Messmer commenterà : « come uno o due secoli fa, un cavaliere che aveva il cavallo ucciso inforcava un altro cavallo per continuare la carica, cosi’ il colonnello italiano ogni volta che gli distruggevamo il carro, saltava sul seguente...che entusiasmo ! ».
Da uno dei primi carri entrati nella piazzaforte è estratto Prestisimone, ustionato alle mani e alle gambe, e con l’uniforme a brandelli, per cui il cappellano militare Mallec gli ha dato qualcosa per vestirsi.
Il Comandante di Bir Hacheim, generale Pierre Marie Koenig, va personalmente a congratularsi per il coraggio che ha mostrato Prestisimone. Questi, in ottimo francese, deplora di essersi dovuto battere contro i vecchi alleati della guerra precedente (nel ’18 aveva combattuto al loro fianco sul Monte Tomba).
Novantuno carristi (quasi tutti feriti) sono fatti prigionieri. Seguono scene curiose : due legionari veneti, protestano scontenti : « noi i todeschi volevamo, non gli italiani ! » E i nostri : « ma che ci fanno qui i francesi ? Non erano tutti partiti ? »... « Siete soldati italiani ? - Carristi! Siamo carristi dell’ Ariete ! ».
A Bir Hacheim il morale è alle stelle : il primo scontro con la
Panzerarmée Afrika di Rommel (di cui l’ Ariete e la Divisione motorizzata « Trieste » fanno parte integrante) si è concluso con una brillante vittoria tattica.
Prestisimone in infermeria, farà il quarto a bridge con gli ufficiali della Legione per qualche giorno, finché gli italiani saranno evacuati con altri prigionieri. Dato all'inizio per disperso, riceverà la Medaglia d’Oro al valor militare per l’azione e resterà prigioniero fino alla fine della guerra in India.
Ma Prestisimone non si è concesso il lusso di cadere in battaglia... Nel dopoguerra non farà mai dichiarazioni né scriverà nulla della sua epopea. Amareggiato per la sconfitta e per chi era caduto forse inutilmente ai suoi ordini? Poteva agire altrimenti? L'’ordine d’operazioni menzionava solo che: «il nemico che si trovasse nella zona di Bir Hacheim deve essere attaccato e battuto »… allora essere prudente, viste le informazioni cosi scarse sulla consistenza del nemico ?
Il mio modesto parere è che si comportó secondo le tradizioni dell’ « Ariete » e ascoltando il suo cuore di cavaliere.
Quindici giorni dopo il suo nemico di una mattina, il generale Koenig, dovrà prendere una decisione simile… ma questa è un’altra storia
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine] Prestisimone su di un M 13/41